Saturday, February 20, 2010

Scandalo al sole ligure

Fischi e fiaschi. Così tra sibili di disappunto e spropositi canori tramonta il sessantesimo Festival della canzone. Che ha visto esibirsi come miglior voce (ma in un imbarazzante deserto mentale) Nilla Pizzi e come miglior vestito i merletti delle sorelle (fratelli) bandiera. Ammainata, nel taglia e cuci generale, quella italiana, intinta nella saliva spocchiosa e lecchina del parvenu blasonato, come il buon gusto, trafitto dal voto anonimo da casa, che incorona, giustamente nella sua logica, i propri puledri già avvezzi, si direbbe addestrati, a misurarsi - con i relativi supporters - con i dedali delle voci automatiche. I 3 finalisti ed il vincitore dei giovani nascono come fenomeno mediatico, 'creati' proprio da trasmissioni televisive rette dal demiurgo 'televoto': X-Factor, Amici, Ballando con le stelle. Non c'è spazio per altro, non c'è spazio per altri, che pure avrebbero meritato e non poco. Penso alla sanremesissima Arisa, personalmente insopportabile, ma con una presentazione (ripetizione) di suoni, ritmi, ritornelli, voce, costumi adatta alla vittoria per ironia e gusto retrò; al rap-rockettaro provocatorio di Cristicchi che mai avrebbe potuto vincere, se non nei negozi di musica (se ancora esistono); all'impegnato, troppo, Povia, grillo parlante delle ultime edizioni, dopo i primi spensierati e remunerativi esperimenti paracanori; alla grintosa Irene Grandi. Tutti sommersi da una fetida coltre di democrazia televisiva che, a ben pensarci, altro non è che travestimento di un'oligarchia plutocratica. Chi spende o,75 euro a telefonata per partecipare ad un simulacro di voto collettivo? Chi ce li ha, ne spende sicuramente almeno 75, e chi ne ha di più anche 75000. Sufficienti a portare avanti il proprio beniamino, forse no, ma se ad investire sono case discografiche o nobili decaduti, forse sì.
Anonimo e governato dal calcolo strategico e dalla ricchezza, il televoto ha impoverito di qualità la finale 2010. Vincerà il savoiardo, che urla stonato il suo amore per l'Italia il cui venerabile padre aveva citato in giudizio per un risarcimento inverecondo a causa delle sottrazioni patite nel periodo postfascista? Avvilente.
L'anno scorso Maria De Filippi aveva incoronato il suo pupillo Carta Straccia, quest'anno per pudore si è astenuta, delegando il marito a premiare la chioma ribelle e scostumata di un Amico, Valerio. Che ha gioco facile, con un testo ammiccante ed una melodia accattivante, contro le troppo velenose sciabolate acustiche di Mengoni e le corbellerie svergognate di un paraculo rispetto alla cui ugola i fischi piovuti dall'Ariston sono lirici. Peccato per Pupo e il tenore.

Iper.oca ama.bile

colei che nonostante la disponibilità del testo cifrato e la conoscenza del codice non riesce ad applicarlo. E si innervosisce!