Passi che la magistratura si faccia scrivere dal parlamento leggi da applicare per trarsi di impaccio dalla pericolosa china presa dalle interpretazioni caso per caso, passi che quando non ci riesce cerchi di dettare le istruzioni redazionali attraverso le sue decisioni, passi che le disapplichi quando non le sono gradite (con rinvio alla Corte costituzionale), ma che proprio un onorevole (nel bene e nel male) potere dello Stato si faccia influenzare dall'opinione pubblica, beh, francamente, mi sembra l'ennesima amara rassegnata constatazione che la pretesa democrazia civile dello Stato italiano si è convertita, non da adesso, in un'allegra anarchia, in cui sono i manifestanti a dettare le regole di comportamento e a programmare l'azione amministrativa del governo, ricevendone guarentigie di impunità (nella maggior parte dei casi) ed è dunque lo sdegno umano e giustificato di qualche cittadino francese a spingere la procura di Alessandria a cambiare idea e, dopo aver pubblicamente annunciato che non ricorrevano i presupposti legali dell'incarcerazione dell'albanese, imprenditore edile, responsabile dell'incidente in cui hanno lasciato questo mondo quattro giovani transalpini, a ordinare la restrizione in carcere dell'indagato (prima per omicidio colposo, lesioni - per il quinto scampato, giuda in stato di ebbrezza, ora, forse, per omicidio volontario).
La vicenda giudiziaria risulta tragicomica: gli inquirenti che applicano la legge lasciando libero l'indagato, i parenti delle vittime che protestano, gli stessi inquirenti che mutano il titolo dell'imputazione (a quanto pare) ovvero trovano elementi di pericolo di fuga, di reiterazione del reato o ... di occultamento delle prove, pur di tenere il responsabile nelle patrie galere e soddisfare così l'opinione pubblica. Reazione ben diversa da parte nostra e soprattutto da parte dei magistrati francesi alle proteste della madre di Daniele Franceschi, deceduto nel carcere di Grasse, in Francia in circostanze tuttora non chiarite.
Tra l'altro ove emergesse che la custodia cautelare ora inflitta dipende dal mutato titolo del reato si confermerebbe ulteriormente la schizofrenia dei rapporti tra popolo, potere legislativo e giudici, atteso che, allo stato, un appartenente all'ordine giudiziario reputa applicabile la fattispecie, ancora in corso di definizione in Parlamento, di omicidio stradale, riservato, malauguratamente, solo a chi si metta alla guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti, dimostrando che non ce n'è alcun bisogno. Si ricorderà che l'azione (quella di bere o di drogarsi) è libera e volontaria e gli effetti che ne discendono vanno tutti riportati nell'alveo volontaristico che li ha generati, sia pure a titolo di accettazione del rischio (in ciò non è dato riscontrare alcuna differenza nel caso di chi deliberatamente sceglie di superare i limiti di velocità, ad esempio, in area abitata, cagionando la morte di pedoni).
Società e diritto, dalla problematica convivenza, si rivelano ancora una volta come la cartina di tornasole e, insieme, i fattori di un progresso e di una civilizzazione agognati ma non ancora raggiunti dalle sedicenti nazioni civili.
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