Oggi, 25 ottobre, si celebra la giornata
mondiale della pasta. Oggi, 25 ottobre, torna l’ora solare, un’ora in meno di
luce serale, in cambio di un’alba anticipata.
Ci sarà una connessione? - mi sono chiesto. Beh sì, certo,
il tempo. Quanti minuti concedete all’acqua gorgogliante di bollori libera(era)tori
per penetrare nell’impasto, gelatinizzando l’amido e facendo coagulare il
glutine? Certo, detta così diventa decisamente meno appetitosa. Ad ogni modo,
io la estraggo dall’acqua - ebbene sì, le reminiscenze di BayWatch, serie TV
degli anni ’90, si sono annidate in qualche recesso della mia mente, e
riemergono in questi atteggiamenti salvifici - diciamo circa un 20% in meno
del tempo consigliato. Croccante? Quasi, ma c’è che la rituffo in un amalgama (sì
è maschile, di un genere moderno, open, no binary) sempre diverso di spezie e
intingoli, la faccio un po’ sguazzare prima di farle piovere addosso ogni tipo di
polvere e scaglie. Gnam.
Il programma culinario, semplice e lineare, l’ho impartito
ieri notte ad un amico, del tutto disavvezzo a fornelli e pentole, che,
imbarazzato nel ricevere un ruolo così delicato, insisteva, pregava quasi, di
esserne esonerato. Toccava a lui. La sorte aveva deciso per noi. Era tardi,
molto. Le ultime parole, prima di lasciarlo alle sue incombenze, furono le mie:
“guarda, sono le 2.56, per i bucatini 7 minuti, quindi li tiri fuori alle 3.03
e li mantechi, li condisci etc. ti aspettiamo di là!”. Non era la nostra cena. Era
lo ‘sfizio’ della nottata.
Nell’altra sala si discettava di
amore in tempi di covid (che originalità…). Delle difficoltà di comunicazione tra
partner lontani, separati nella ‘primanera’ del 2020 e mai più incontratisi in
un’estate surreale. Si parlava di parentesi (ma anche di catacresi e aferesi),
di sospensioni, quindi anche di virgole, brevi, o di punti e virgole, più
lunghe, di interruzioni, di punti, allora, non di sutura di cuori lacerati, ma
proprio di “period” in senso american english, osservava un altro amico. Di conclusione.
Ma vuoi mettere l’ambiguità rassicurante della parola evocata dall’anglofilo…
Period, punto fermo che diventa punto di vista, mobile, variabile nell’angolazione,
non più puntuale, ma fluido, che scorre come il tempo e che diventa allora
illusione di continuità, di non perdita (nonostante il significato colloquiale),
di limbo. Non è finita, pensavo, bensì dura. È effettivamente dura. Come la
pasta dopo 3-4 minuti di sauna. OMG! Ma eravamo lì ad attendere, non pazienti (per
fortuna), il risultato della sfida, del nostro amico impavido candidato a
Masterchef, noi coraggiosi-ssimi degustatori. Quanto tempo è passato? Sono
ancora le 2, bofonchiava l’anglofilo riverso sul sofà a biascicare ‘chips’,
direbbe lui. ANCORA? Il vortice mentale aveva travolto i secondi mai primi, i
minuti mai obesi, le ore o mai più e dunque? La pastaaaa! Volo in cucina e … il
nostro indomito cercava di domare uno strabordante brodo colloso scoppiettante.
Scusa, ma questa pasta è un "po’lenta" – gli dico. Eh lo so - mi risponde -, ma
mi hai detto alle 3.03 e sono ancora le 2.30…
Oggi ho giocato con gli orologi
di casa, quelli finti antichi, con le lancette e la suoneria. Come chi li
possiede ben sa, facilissimi da regolare in avanti, un incubo all’indietro. Una
metafora forse della vita. Talvolta è semplice andare avanti ignorando, nascondendosi, per
ripararsi da un errore, più complicato tornare indietro, per riparare a un
errore. Le incrinature nei rapporti si cristallizzano nel tempo se non si pone
pronto rimedio e restano cicatrici nella memoria. Mi piacerebbe girare le
lancette indietro fino a quel momento in cui ….
Tuttavia tempus revertit solo in Tenet, di norma tempus fugit, come la giovinezza e l’appetito di una pasta che
stanotte purtroppo non tenet.