Friday, November 28, 2008

Italiota idiota

Interessi dell'oligarchia imprenditoriale. Questa la destinazione degli ultimi 17 miliardi usciti dal cappello del prestigiatore Tremonti e stanziabili per la 'ricostruzione' delle scuole. Tutto ciò perché una manipolazione strutturale un po' approssimativa di un plesso scolastico ha prodotto, a Rivoli, rivoli di sangue e strascichi di polemiche. "La scuola è allo sfascio!" - e questo si sapeva già, a causa dell'endemica disoccupazione dei cervelli che in vece di pensare industriosamente, si accasciano senza passione e convinzione nella domestica quiete della prospettiva di una cattedra in qualche istituto tecnico di provincia dove combattere qualche ora la mattina con scalmanati irrispettosi del vivere civile e protetti da famiglie sempre più deboli e lassiste, il pomeriggio con i di loro genitori offesi da un 6- all'interrogazione di italiano, il weekend lungo a fianco dei sindacati contro non sanno loro neppure cosa.
D'altronde 'la scuola al fascio' suonerebbe un po' strano... ma chi di quelli che hanno conosciuto la disciplina e l'ordine di altri tempi, esclusi certi eccessi evitabili, non ha desiderio di un regime dove il rispetto per l'individuo sia tutt'uno con la sua valorizzazione, necessariamente diseguale, nella società? Pochi? Tanti? Ma chi ha la consapevolezza che siamo tutti colpevoli, con il nostro farisaico perbenismo e per la nostra attitudine naturale alla conciliazione e al compromesso, del disfacimento dei tessuti della società? Del disordine funzionale e della distruzione strutturale. Ce se ne accorge quando l'età giovane macchia di rosso il pavimento travolta da travi infisse alla carlona o trafitta da schegge di rabbia impazzita o quando le mani sporche di calce piombano impotenti su un terreno troppo velocemente attrattivo.
Avvilente. La risposta alla dissoluzione della scuola qual è? Diamo soldi alle imprese di ristrutturazione che daranno una bella e costosa sistematina alle facciate degli edifici, divellendo cornicioni solidi, rifacendo impianti a norma, impolverando una già nebbiosa situazione sociale.
17 miliardi in un giorno! dopo averne tagliato 1 e mezzo all'Università. tanto si sa che i soffitti degli Atenei reggono meglio, sorretti dalle cariatidi della ricerca. eppure basterebbe qualche calcinaccio, altro che Onda, e i sospirati soldi arriverebbero anche lì.
Vergogna!

Monday, November 24, 2008

...anzi Luxuria

La profezia non si è realizzata. Non sempre prevalgono i migliori. L'Isola avrebbe dovuto premiare in assoluto chi si era dato più da fare e meglio aveva resistito alle condizioni ambientali, ma alcuni di questi erano già stati eliminati (Rossano) o si erano ritirati (Ciavarro). Restava la rosa piangente descritta nell'ultimo post, in cui alla freddezza sentimentale dello spilungone veneto ed al fiume di lacrime asciutte del postpunk emiliano il "pubblico" aveva preferito le curve dell'argentina e il ritratto di un'indecisa foggiana, che ha stimolato infine maggiore compassione, giocando sul pietismo e sulla retorica dell'emarginazione. Stucchevole.

E vinse Belen

Oltre le studiate sagome dello scafato Carlo, le strategie politiche dell'incerta e ondivaga Vladimir, il rampantismo cinico dell'egotico Leonardo brilla l'astro della discrezione e della spontaneità di una ragazza carina, pompata, come piace allo show business, solare, sorridente, istintiva.
Bene Belen, in bocca al lupo con Borriello!

Friday, November 21, 2008

Bufera sullo Stretto

Ci voleva la superficialità e l'approssimazione di Santoro per informarci che il 1999 è stato l'inizio della decadenza del sistema universitario, con le autonomie locali e la libertà di costituire sedi distaccate e facoltà di quartiere! Iniziata con uno scellerato provvedimento del Governo D'Alema, ministro Berlinguer e proseguito con l'inerzia calcolata dei successivi governi.
L'insistenza mediatica sul caso Sicilia produce un altro capitolo della saga. Appetitoso per l'opinione pubblica, proclive a facilonerie e generalizzazioni che costituiscono gli ingredienti del pane quotidiano televisivo su certi argomenti. Il recente caso di Messina (minacce al professore che non voleva adeguarsi al diktat del vincitore di concorso predeterminato), oltre l'intrinseca essenza illecita delle modalità di persuasione o coazione, rappresenta la normalità di un sistema autoreferenziale che si regge sulla cooptazione dei suoi membri, affidata ai soggetti più esperti in esso presenti. Nulla di eclatante. Salvo che per il fatto che si pretenda ancora, con l'istituzione di concorsi pubblici, trasparenza e pari opportunità in un settore in cui esse non esistono, per motivi strutturali di complessità gestionale. Proverò a spiegarmi in un prossimo post. Lascerò decantare l'eccesso di clamore e la ruggente Onda prossima ad infrangersi contro lo scoglio dell'inconsapevolezza ed a tornare tante piccole gocce nel mare...

E bravo Giannelli!



Ieri scrivevo di poltrone incollate, oggi il vignettista satirico del Corriere pubblica la vignetta a fianco. La prossima volta ci coordineremo meglio sui tempi.
Che non sia nuovo a intuizioni molto buone sull'attualità (come l'iperproduttivo Vauro che toscaneggia un po' troppo, talvolta esagerando, da Santoro) lo dimostra, se ce ne fosse bisogno, anche l'altra vignetta pubblicata a lato e dedicata al vertice G20 di qualche giorno fa.
Geniale l'abbinamento di Obama a Bush di cui è ombra e tomba politica.






Thursday, November 20, 2008

Meglio Ikea


Avete mai provato le sedie scandinave? Comode come le panche di una birreria, utilizzano il minor quantitativo di materiale possibile. Logico, sono economiche ed il risparmio, in un'economia dove nulla si crea e molto si distrugge, si può fare su quantità o qualità inferiori dei manufatti. Ebbene, di sicuro le forniture per l'arredamento della Commissione parlamentare di vigilanza Rai, nonostante Stella e Rizzo, e aggiungerei Brunetta, sono di diversa provenienza, con sovrabbondanza di adesivo, che fuoriesce dalla poltrona, pervadendo come un blob le circostanze e soprattutto tenendo incollato il seduto di turno. Non di Toro si tratta, ma a fare l'indiano ci riesce benissimo: è la storia di un gagà napoletano, assurto da una vita professionale brillante ad una carriera politica trasformista per necessità (DC, CDU, Margherita, infine PD), che per 'rispetto delle istituzioni', eletto regolarmente presidente della commissione, non vuole dimettersi nonostante le 'violente pressioni' di compagni e capi di partito e gli inviti, non disinteressati, della maggioranza di governo che ha contribuito in maniera decisiva alla sua investitura, insieme con due dissidenti o 'distratti' di sinistra. Certo l'atteggiamento del neoeletto è un po' mastelliano, da aggrappato al carillon di famiglia nel pieno di uno tsunami, ma quel che è peggio è l'atteggiamento di un'opposizione 'mafiosa' che recupera e pratica metodi stalinisti di dissuasione (fino all'odierna espulsione), ma anche di una maggioranza che, fintamente - immagino -, cerca di dimostrare uno spirito collaborativo concordando infine sul nome di Zavoli. Il rispetto delle regole non consente di deporre l''incollato', occorre appellarsi ad un atto di correttezza istituzionale che tarda a venire, forse perché nel frattempo possono maturare corrispettivi politici interessanti e quindi come in qualsiasi suk il detentore di maggiore forza contrattuale tira sul prezzo delle dimissioni o della 'decollazione'. La strategia di sinistra (o meglio dei nemici di Berlusconi) risulta ancora una volta fallimentare e naufraga sotto i colpi del fuoco amico: dapprima con l'ostinazione a presentare un impresentabile, nonostante il recesso operoso della destra sulla votazione alla Consulta (rammentato a Bocchino da Latorre su La7 in una scena da avanspettacolo), quindi con il suicidio d'immagine pubblica commesso dall'accanirsi contro Villari. Il potere logora chi non ce l'ha.

A scuola fuori scuola

Innegabile che alla base dei recenti (som)movimenti studenteschi ci sia lo zampino delle gatte di sinistra, che, attratte dal lardo dei numeri in piazza (evidentemente unica possibilità di fare «cucù, ci siamo anche noi!»), ammanniscono a giovanissimi speranzosi, vogliosi e disorientati le direttive su come entrare a far parte di centri (di de)sociali(zzazione).

Questi lager dell’ideologia creano realtà parallele autoreferenziali e nutrite di modelli spesso inattuali e generano fratture tra il gruppo che vi è confinato, aggregato dalla solidarietà, ed il resto della società. Un’incomunicabilità storica, perpetuata ad arte e alla quale gli studenti non sanno sottrarsi: troppo accattivante circolare liberi dalle angherie degli insegnanti per le strade di una città di cui si impossessano (con atti di violenza privata purtroppo autorizzata) espropriando i suoi legittimi fruitori; troppo attraente aggregarsi con coetanei, urlare al cielo qualcosa che neppure conoscono o capiscono, ballare sulle note di una musica mai sentita. Qui l’ideologia diventa scuola, on the road; ed ecco comparire i simboli dell’indottrinamento: magliette e striscioni di Che Guevara portate da ragazzi che pensano sia un cantante hip hop, canzoni politicamente orientanti, slogan da lotta veterocomunista. Una manna per il calo della fede, nella religione come nella politica molto attuale. È chiaro allora che un tenero virgulto della società educato a divertirsi, sostituendo modelli educativi, si proietterà in un futuro dove è lecito chiedere senza dare, ottenere senza impegnarsi, perché tutto è concesso a tutti. Mi stupisco che psicologi, educatori, famiglie non si rendano conto che la nuova droga sociale è il lassismo generalizzato, che addormenta le coscienze e neutralizza le volontà, che rende le persone massa, informe e incolore.

Tra cucù e coccodè

Ancora nell’occhio del ciclone mediatico il premier italiano, stavolta per uno scherzo giocato alla Kanzlerin Merkel. Nascosto dietro ad un monumento l’ha lasciata sfilare, non visto, con i suoi body guard per poi apparirle improvvisamente alle spalle sorprendendola con la più antica delle onomatopee ludiche ispirata ai lignei orologi alpini. Un omaggio alla Germania, una rottura del protocollo diplomatico ossidato dal tempo e dalla tristezza dei suoi protagonisti. In breve Berlusconi diverte e si diverte, una novità nel panorama internazionale degli uomini di governo. La sua ribalta non è l’incontro internazionale ma un palcoscenico permanente, dove, da primattore, non può rinunciare alle vallette Arboree, solo che lui, alla notte, dice spesso sì. E, a dire il vero, pare che quelli a razzolare e a gorgogliare vanamente nell’aia parlamentare siano proprio i suoi avversari politici, condannati a starnazzare critiche ‘di ruolo’, travolti e inebetiti dall’attivismo (talvolta di facciata) della nouvelle vague arcoriana e dei suoi proseliti.

Sunday, November 16, 2008

Quando la verità è di rigore

Penso che il tifo sia una malattia. Quindi penso che i tifosi siano quelli che, al pari dei lebbrosi, siano da tenere lontani per evitare il contagio. Poi scopro che i tifosi sono anche quelli che sventolano bandiere, portano striscioni esilaranti allo stadio, rullano i tamburi (e non solo), cantano accorati (quando la squadra perde) e in coro (quando vince), urlano contro gli avversari del campo e della curva, lanciano bottiglie, pietre, monete manco fossero alla fontana di Trevi, scavalcano barriere, invadono il rettangolo, ignorando il significato di cinque cerchi, ma non quello di botte, da orbi, talvolta anche urbi (ed è la parte più pericolosa). Urbanamente elementi di tal fatta popolano anche la televisione, neutrale per natura, schierata per vocazione, di Rete, per in-vocazione di goal e capita di assistere a funerali del buon senso oggettivo delle cose. Capita che se una squadra del Sud (al momento LA squadra del Sud) gioca in uno stadio del Nord e riceve un rigore a favore, questo sia ineluttabilmente regalato dall'arbitro con una generosità corrispondente all'avidità con cui il medesimo ha negato un altrettale punizione alla squadra di casa. Il commentatore, ex arbitro prestato ad una sedentaria moviola che non gli ha mantenuto evidentemente allenato il colpo d'occhio e l'equidistanza di giudizio, sentenzia senza appello 1. che l'entrata di Manfredini su Lavezzi non è fallosa: è vero prende la palla, ma nel farlo travolge con entrata a forbice il napoletano, almeno da punizione a due in area; 2. che l'intervento di Maggio su Valdes era da punire: e si vede invece la maliziosa zampetta dell'uccellino cileno indugiare nei pressi del ramo fiorito fino ad inciamparvi di previsione (e precisione!).
Evidentemente di azzurro lassù nel cielo della classifica bastano le strisce alternate al nero, non c'è bisogno d'altro, e anzi la petulanza cromatica diventa ossessiva e fastidiosa. Il Napoli può restare al palo, nonostante i travestimenti: oggi indossava un rosso carminio, altro errore, il monocromo non piace. Che l'arbiter moviolae torni in sé presto, per adesso ci ha ricordato che la verità - vera - è relativa, ma quando si utilizzano mezzi di convinzione di massa, anche quella falsa può diventare assoluta.

Thursday, November 13, 2008

L'invidia dei vinti

Triste e un po' patetico l'atteggiamento italiota di certa inclinazione politica. Piuttosto che elaborare progettualità alternative alluse dall'umbratile governo (in ombra, altro che ombra) si diletta da una parte a gioire di successi altrui appropriandosi, per qualche strana alchimia ideologica, dell'onda (a dire il vero anche della nostrana Onda) di consensi ottenuti oltreoceano da un democratico che condivide forse solo l'attributo politico con il PD locale; dall'altra a sottolineare contraddittoriamente (ma il senso del ridicolo manca a molte persone, che preferiscono battezzarlo diritto di ripensamento), attraverso il ricorso a vituperati quanto malcerti sondaggi, la diminuzione dell'appoggio popolare al governo in carica. Per di più evidenziandola in pagine una volta nobili del giornale. Provincialismo culturale esaltarsi per la vittoria di Obama, narcisismo necrofilo compiacersi per le disgrazie (tutte da dimostrare) altrui, squallido pettegolezzo tentare di creare trafelatamente casse di risonanza per i complimenti sui generis di Berlusconi al presidente eletto (v. precedente post), inventando ampio risalto sulla stampa americana, tra l'altro negato proprio dai microfoni di Primo Piano (trasmissione non troppo destrorsa). Attendiamo fiduciosi la maturità di un partito (?) che si presentava come Politica Dirompente e che è diventato Perdenti Disorientati.

Tuesday, November 11, 2008

Sante contraddizioni

Dopo l'"Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri" di circa tre anni fa, nei recenti "orientamenti per l'utilizzo delle competenze psicologiche nell'ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio" la Santa sede esclude che gli omosessuali possano diventare preti; ma non si preoccupa di tutelare i fruitori dei servizi sacerdotali, omettendo di sorvegliare affinché i preti non diventino omosessuali.

Minocrazie aeromobili

Un centinaio di assistenti di volo pagati da alati diventano bipedi e picchettano. Diverse migliaia di viaggiatori paganti da bipedi diventano supini e boccheggiano. Scene di atroce normalità in una nazione che si vanta di essere democratica, non essendosi ancora accorta che democrazia è illusione transitoria e passeggera e come un male di stagione va via in poco tempo. D'altronde gli esegeti postmoderni vi vedrebbero appunto il segno etimologico di una sintetica versione irrisolta di sovranità che dura gli attimi promozionali ed invoglianti di una 'demo'. La paura degli spettri di un passato politico indigesto induce l''alta' politica a disdegnare finanche parole oltre che soluzioni alternative ad un escamotage solo retorico utile per irretire le masse inerti nelal rassicurante cuna dell'abulia.
Perché in realtà a comandare sono sempre e solo in pochi, rigurgito politico di menti sbadiglianti, sbaragliate dall'istinto della deresponsabilizzazione. Ma non è questo l'irritante: in fondo i rappresentanti istituzionali buoni o cattivi gli italiani se li sono scelti. Il problema logico, giuridico, etico nasce quando piccoli pierini barricati e barricantisi impongono il valore del loro non-volere-volare ad altri che, per aver pagato in anticipo una prestazione (cosa rara e diffusa solo tra possessori di carte prepagate e abbonamenti a servizi pubblici, quindi evidentemente insana), vogliono-poter-volare. La soppressione di una libertà importante come quella di movimento si chiama sequestro in diritto penale e carcere in diritto penitenziario. Le procure indagano per interruzione di pubblico servizio, dimostrandosi cieche rispetto all'attentato alle libertà civili perpetrato da un nugolo di sciamannati: ciò che rileva, nelle menti degli investigatori, è che si è impedito il servizio, non già che si siano arrestate migliaia di persone. Sanzioni penali, certo e ci mancherebbe! Gli italiani sono dunque dominati dalla forza oscura di pochi rumorosi, che, opportunamente allineati dalle trombe dell'ideologia e immortalati da un sistema dell'informazione avido di immagini e notizie al punto di costruirle o esaltarle, amplificandone il messaggio. Così i 300000 del Circo Massimo diventano 2 milioni. Che comunque non rappresentano altro che loro stessi e non certo il Paese. Quando avrà il rispetto che merita la maggior parte dei cittadini contro le angherie indecorose dei pochi.
Dovremo attendere l'avvento della plurocrazia auto(mobilo)cratica?

Monday, November 10, 2008

Nomen Omen

Car là. In quanto laggiù. O lassù, dipende dalla prospettiva e dalla direzione del naso, anche se in Francia il Nord può essere giù (si veda il godibile Bienvenue chez les Ch'tis, ma, per carità, non in italiano). Proprio in quanto laggiù, in Francia e non in Italia, qualcuno (pardon! qualcuna) si 'consente' di dire: ... Mais souvent, je suis très heureuse d'être devenue française! Cioccolato nero fuso su un flan di ricotta per i palati francesi, visto che le orecchie sono già stracolme dei canori cinguettii della Prémiere Dame. Il contesto, manco a dirlo, le dichiarazioni del Premier italiano sul grado esibito di melanina del designato presidente americano. Ca va sans dire, il profilo è da cabarettista in cerca del suo palcoscenico; da battutiere che confonde una conferenza stampa con Zelig, ovvio che la mosca salti al naso. Soprattutto a quelli troppo 'all'insù'. Che finiscono con l'oscurare quanto di etico era contenuto nell'intervista, con cui si invitava a proseguire sul percorso dell'integrazione razziale, ostentando di essere, la coppia presidenziale, 'francese per caso': lui figlio di un immigrato ungherese e di madre ebrea, lei (fino a poco fa) italiana. Antesignana, dunque, della svolta americana verso la diversità (che, fin quando sarà così percepita, continuerà a costituire una barriera mentale per la, forse irraggiungibile 'maturità' del genere umano). Ebbene, a margine di un discorso del genere, la 'caduta' di stile, che per una modella è ancora peggio! Mentre si plaude all'auspicata affermazione nel mondo di pari opportunità per tutti e si fanno esempi razziali e nazionali, irrompe l'impronta xenofoba di una ex-italiana contro l'Italia. Ma non aveva appena detto che il mondo doveva essere senza confini? Rigoglioso orgoglio francese? Banalmente un errore sinaptico: non si può rimproverare a qualcuno di aver usato un criterio di differenziazione basato sulla razza ed esaltare il piacere di non essere italiana!

Sunday, November 9, 2008

Derive derise nella TV italiana

Isola. Famosi o affamati di fama. Talpa. Cecità della ragione. Conduttori. Donne, ma sembrano uscite dal bar dello sport, dopo qualche pinta di troppo. Da quello stesso bar in cui ha vissuto un'altra Signora della Tv (peccato per lo stridore della voce). Ebbene, in prima serata, che una 'signora' possa riferirsi con 'non-chalance' alle gonadi maschili (ed un'altra ospite in studio bestemmiare), in un impeto, purtroppo non represso, di liberazione dai ruoli marginali, accantucciati, subliminali cui le donne di oggi, specie quelle rampanti, si sentono egocentricamente condannate da un maschilismo imperante (?; ormai solo virtuale, appartenente all'aneddotica 'd'antan'), per poi giustificare, se non legittimare, la rabbia e l'arroganza, la prepotenza con cui si affermano a diversi livelli nei diversi settori della società, rivendicando pari dignità, ed acquisendone, purtroppo, in certi casi, di maggiore, mi sembra il coronamento della lunga crociata per le pari opportunità, che, tradotto dal politichese nella pratica quotidiana, vuol dire consentire la conquista di spazi e tempi di intervento, addirittura percentualmente dosati, alle donne, in ragione della loro appartenenza ad un genere sessuale. Che, oltre a trasformarsi in una discriminazione al contrario, esalta l'essenza causale di un'assenza, costringendole all'occupazione, o almeno alla qualificata brama, di posti riservati in danno di altri, forse più adatti, se non più dotati, ma penalizzati dall'essere maschi.
Paradossi di una società anatomica più che ergonomica.

Saturday, November 8, 2008

L'età delle certezze

All'età, specie avanzata, si perdona tutto: si diventa un pozzo di saggezza capace di verità forse al momento incomprensibili ma in seguito, col tempo, afferrabili, oppure i neuroni si ossidano e non riescono a comunicare bene tra loro. Umano, troppo umano, meno umano, non umano: le declinazioni dell'esistente pensante. Difficile distinguere, in questi tempi, tra battuta di spirito, boutade mal riuscita, gaffe ed aggressione verbale; non contribuiscono a semplificare l'operazione alcuni dei nostri giovani vecchi. Ma arrivare a definizioni spregiative, reputate tali persino dalle Vestali della sinistra politica, è forse eccessivo. Forse il nostro potrebbe leggere il libro che egli stesso ha scritto, ... almeno il titolo.